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Domenica, 31 Marzo 2019 17:03

Sermone di domenica 31 marzo 2019 (Giovanni 6,47-51)

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Testo della predicazione: Giovanni 6,47-51

In verità, in verità vi dico: chi crede in me ha vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò per la vita del mondo è la mia carne.

Sermone

Il brano biblico di Giovanni che abbiamo ascoltato segue il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. Il gesto della condivisione del cibo è per Gesù segno di una condivisione ancora più grande: la condivisione delle vite e delle esistenze umane. Gesù permette che la scarsezza di cibo diventi un’abbondanza tale che, dopo aver mangiato a sazietà, avanzino traboccanti ceste di pane.

Eppure sono solo pochi pani e pochi pesci che vengono messi a disposizione di tanti: cinquemila persone che attendono di essere sfamati. Per l’evangelista Giovanni, la condivisione del pane è anche condivisione del Cristo, del Cristo per tutti e non solo per pochi. Anche per noi oggi.

Per noi, un invito a cena è segno di amicizia, è segno di partecipazione, di interesse per l’altro, per l’altra. All’epoca di Gesù, la condivisione del pane era molto di più. Spezzare il pane con l’altro significava compromettersi con l’altro, significava diventarne complici, partecipare al suo stato sociale, al suo rango. Per questo Gesù era spesso accusato di sedere a tavola con i peccatori e le prostitute, perché la condivisione dello stato e della condizione dell’altro/a, a tavola era totale e Gesù diventava, non solo complice, ma come loro.

Così, leggiamo nel Vangelo di Giovanni, che Gesù stesso si propone come pane, cioè come luogo e momento di partecipazione, luogo di condivisione. Questo vale anche per noi oggi che viviamo a tanta distanza da Gesù, Egli resta per noi il luogo in cui può accadere la realizzazione piena della promessa di Dio, la promessa del suo Regno in mezzo a noi.

Gesù è Colui presso il quale può aver luogo un legame forte, non basato su interessi personali, ma sulla gioia di condividere la mia vita con l’altro/a, di renderlo partecipe della mia storia, della mia felicità, delle mie tristezze e sofferenze, ma anche viceversa, per diventare solidali con gli altri e non restare mai soli, con la nostra disperazione, con la nostra afflizione, il nostro buio. Perché la condivisione di tutto questo ci permette di alleviare la sofferenza che attraversiamo e di guarire le ferite della nostra anima.

Per Gesù, la moltiplicazione dei pani non è altro che la prefigurazione del Regno di Dio, un Regno di fratelli e di sorelle, di condivisione e di comunione; per questo noi spezziamo il pane della Cena del Signore, perché è il pane della comunione, perché è il pane della riconciliazione, della fraternità, il pane che ci annuncia il Regno di Dio e che ci è dato di pregustarlo in quella celebrazione.

Per questo l’evangelista Giovanni non ricorda nel suo Vangelo il momento dell’ultima cena in cui Gesù si propone come pane, perché qui, in questo nostro brano, c’è tutto. In questo brano, successivo alla moltiplicazione del pane, per tutti, Gesù pronuncia le parole che ricordano quanto è detto nell’ultima cena: «Io sono il pane della vita …il pane vivente …il pane che io darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo».

Non si tratta semplicemente di mangiare del pane, il pane della comunione ci conduce certamente a questo messaggio di Gesù, si tratta piuttosto di accogliere Gesù come Colui attraverso il quale possiamo vivere una vita piena, la vera vita, e a nostra volta diventare luogo di accoglienza, di condivisione, di comunione e superamento delle divisioni.

Gesù ricorda come Israele sopravvisse miracolosamente alla mancanza di cibo nel deserto, quando il popolo, liberato dalla schiavitù egiziana, si incamminava verso la terra promessa. Furono nutriti della manna, un pane che Dio inviava per la loro sussistenza fisica.

Al di là del semplice racconto della manna, l’autore biblico intende sottolineare che la vita stessa è dono del Signore e, in particolare, la realizzazione della promessa di Dio come un avvenimento accaduto per sola grazia e senza la partecipazione umana: è chiara la sottolineatura alla gratuità dell’amore di Dio, alla gratuità della vita stessa e alla gratuità dei doni di Dio.

Allo stesso modo, Gesù si presenta come Colui che dona la vita, gratuitamente, una vita che va oltre quella umana fino ad assumere delle caratteristiche di eternità: il cielo sulla terra. Questo è Gesù: il pane vivente che è disceso dal cielo.

L’evangelista Giovanni vuole soffermarsi a presentarci, in questo racconto del capitolo 6, un Gesù che si fa dono di sé in modo completo, totale e autentico, per sempre, non solo per un tempo limitato. E non un Gesù irraggiungibile perché meritare il cielo è impossibile, ma un Gesù che si presenta nella totale gratuità: «…chi mangia di questo pane vivrà in eterno». Non è un pane da comprare a caro prezzo, perché tutto è gratuito.

Uno dei libri del maestro elementare Marcello D’Orta si intitolava “Dio ci ha creato gratis”, si tratta di una frase che un bambino aveva scritto su un tema, e che il maestro D’Orta riporta nel libro, non si tratta di termini appropriati per definire teologicamente il senso della creazione, ma è chiaro che per il bambino la gratuità dell’opera di Dio, senza chiedere nulla in cambio, era indubbia.

Gesù si presenta, allo stesso modo, come colui che è accessibile, gratuitamente, senza pagare. Il Gesù che «darà la sua carne per la vita del mondo» è Colui che accetta di morire per il mondo, per ciascuno/a di noi. È Colui che accetta di raggiungere tutti in virtù della gratuità del dono che offre: il dono dell’amore di Dio che perdona, che salva dall’angoscia delle nostre paure, che ci permette di vivere una vita il cui senso è donato proprio dalla capacità di farsi sono per l’altro, per l’altra.

Questa è la vita eterna, questa è la vita cioè che ha un vero valore, un senso, una vita che sa di eternità perché il dono dell’amore di Dio ci rende capaci di amare e di riempire l’esistenza di contenuti che la rendono degna di essere vissuta. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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