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Domenica, 05 Ottobre 2014 11:03

Sermone di domenica 5 ottobre 2014 (Ebrei 13,15-16)

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Testo della predicazione: Ebrei 13,15-16

«Per mezzo di Gesù, dunque, offriamo continuamente a Dio un sacrificio di lode: cioè, il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticate poi di esercitare la beneficenza e di mettere in comune ciò che avete; perché è di tali sacrifici che Dio si compiace».

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, se a ciascuno di voi domandassi quanti sacrifici ha compito nel passato o continua a compiere, mi farebbe un elenco molto lungo: sacrifici nei confronti dei figli, sacrifici a motivo di un lavoro molto duro, magari per mettere da parte qualcosa per un progetto come una casa, un viaggio; ma ci sono anche sacrifici a causa della mancanza di lavoro, sacrifici per chi studia una materia difficile ma necessario per il proprio futuro, ecc… Nella vita, i sacrifici sono proprio tanti e diversi.

L’autore della lettera agli Ebrei scrive una lunga predicazione, molto densa di contenuti, perché intende incoraggiare i credenti che facevano molti sacrifici incontrando prove e difficoltà di ogni genere: dalle persecuzioni, al dover compiere scelte teologiche difficili a motivo di interpretazioni differenti circa l’Antico testamento, Gesù Cristo stesso, l’etica…

Ogni credente immagina che, a partire dalla propria fede, possa vivere in pace e nella serenità, mentre gli ascoltatori del nostro predicatore erano persone deluse e amareggiate a motivo di una vita difficile.

Il predicatore cerca di far penetrare la Parola di Dio nel cuore e nell’anima dei credenti, spiega il contenuto dell’Antico Testamento, rivela che esso è la prefigurazione di un nuovo Patto che Dio ha compiuto attraverso il suo figlio, Gesù.

Insegna che Dio ha fatto un nuovo Patto, questa volta perfetto perché non è stato compiuto con il sangue di animali, ma con il sangue di Cristo, è Dio stesso che si offre all’umanità. Il nuovo Patto è per sempre, non servono altri sacrifici, perché è accaduto una volta per tutte.

È una novità, spiega il predicatore, una nuova alleanza, un nuovo rapporto con Dio: sì, Dio ha deciso di essere Lui l’autore della nostra salvezza, del nostro perdono e del nostro destino.

Dio non si aspetta più sacrifici e olocausti da noi, come accadeva all’epoca dell’Antico Testamento, un “nuovo” attraversa ora la storia e la vita di ogni essere umano, un nuovo che ci pone davanti a Dio faccia a faccia, così come siamo: delusi o felici, con la fede o con i dubbi, con la speranza o disperati, arrabbiati o sereni… L’amore di Dio per noi non dipende più dai nostri umori o dai nostri stati d’animo. Nulla diminuisce il suo amore, il nostro peccato non attenua la grazia di Dio, la nostra infedeltà non rallenta la sua riconciliazione, la nostra lontananza non riduce la sua presenza, le nostre delusioni non sminuiscono l’amore, la dolcezza e la tenerezza di Dio che ha a cuore ciascuno di noi e ciascuna delle nostre storie.

Ma allora, se Dio ha compiuto tutto per noi, cosa dobbiamo fare noi? Qual è il nostro compito di fronte a tanta grazia e a tanto amore di Dio?

Il predicatore non si scompone minimente dopo aver parlato del fatto che Dio non gradisce sacrifici e afferma che ciascuno di noi deve offrire un sacrificio a Dio. Sembra una contraddizione, ma il messaggio è: sei ancora chiamato/a a offrire qualcosa a Dio, sei ancora chiamato/a a fare un sacrificio per Dio, ma il sacrificio che Dio gradisce da te è la tua risposta affermativa alla sua proposta di grazia, il tuo “sì” al suo amore, la tua riconoscenza, la tua lode.

Dio sceglie di liberarti dall’angoscia del peccato e dalla tua logica circa la giustizia. La giustizia di Dio è fondata non sulla punizione, ma sul perdono, non sul giudizio, ma sulla grazia. È difficile da capire, ma questo è Dio. Per noi è difficile capire come può esserci giustizia senza la punizione del trasgressore: Dio è diverso da noi. A Dio è sufficiente che tutti i credenti riconoscano la presenza di Dio nel suo amore, nella sua presenza nel mondo.

«Offri a Dio il frutto di labbra che confessano il suo nome» scrive il nostro predicatore. Quanto è difficile per noi valdesi aprire le labbra, ci è più facile pregare con la mente e il cuore piuttosto che dire a voce alta il Padre nostro, al culto o altrove. Ci è difficile parlare di Dio, di ciò che abbiamo dentro, della nostra fede: preferiamo l’aspetto intimo e riservato della fede piuttosto che dire a voce alta l’amore di Dio, ma la Bibbia ci insegna un modo diverso di essere credenti: «labbra confessanti».  

Ma non è tutto! Infatti, l’offerta della nostra lode con labbra che confessano l’amore di Dio è anche azione non solo intelletto.

Parliamo ancora di “sacrifici” scrive il predicatore, oltre al sacrificio della lode espressa con le tue labbra, quale sacrificio gradisce ancora il Signore da te? La beneficenza è la risposta.

Ma non si tratta di un sacrificio diverso dal precedente, è la logica conseguenza di labbra che confessano l’amore di Dio. L’amore non può che essere pratico, attivo, atto, gesto, movimento verso l’altro; l’amore non può ridursi a un mero discorso, a una parola vuota, a un riferimento sterile. Chi confessa l’amore di Dio, lo pratica, diversamente non ha nulla da confessare. L’amore di Dio per noi ci chiama ad amare, con tutte le nostre contraddizioni umane e i nostri limiti, con le nostre parzialità e le nostre inadeguatezze.

Praticare la beneficienza, per l’autore biblico, significa mettere in comune ciò che hai. Significa che sei chiamato/a a condividere ciò che sei e ciò che hai, a condividere la tua vita, la tua storia, sei chiamato/a alla condivisione, perché la condivisione è l’espressione dell’amore, è l’espressione della tua dedizione, del tuo orientamento, esprime il tuo orizzonte, quello nel quale vivi: all’interno del tuo egoismo che ti isola da tutti e ti rende solo/a, oppure quello della generosità, della carità, della condivisione, appunto, che ti lega agli altri?

«Mettete in comune ciò che avete, perché è di tali sacrifici Dio si compiace»: non si tratta dell’opera buona da compiere per compiacere Dio, ma di uscire da se stessi, dalla propria logica di tornaconto, dalla logica del “non si fa niente per niente”, dalla logica dell’essere buoni a Natale o per qualche occorrenza.

L’amore di Dio, rivelato nel sacrificio di Gesù, è più grande di qualunque gesto estemporaneo, è qualcosa che coinvolge la nostra vita, la nostra anima, ci cambia per sempre, ci fa sentire parte di un mondo che ha bisogno dell’amore di Dio e che noi possiamo contribuire a manifestare, nella nostra semplicità.

Questo fa la differenza. Tu puoi fare la differenza.

Tutti i nostri sacrifici per i figli o per la casa o per il nostro futuro o quello delle persone che amiamo, sono sacrifici che non ci pesano perché l’amore va oltre il sacrificio, oltre la privazione o la rinuncia: l’amore è semplicemente dono di sé. Eric Fromm nel suo libro “L’arte di amare” diceva: «Chiunque sia capace di donare se stesso è ricco».

A questa ricchezza fa riferimento il nostro predicatore della lettera agli Ebrei: mettere in comune ciò che si ha è semplicemente il dono di sé a chi si ama. Così ha fatto Dio per noi. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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