Culto domenicale:
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Domenica, 20 Aprile 2014 14:13

Sermone di Pasqua 2014 (Giovanni 20,11-18)

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Testo della predicazione: Giovanni 20,11-18

Maria se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere. Mentre piangeva, si chinò a guardare dentro il sepolcro, ed ecco, vide due angeli, vestiti di bianco, seduti uno a capo e l'altro ai piedi, lì dov'era stato il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?» Ella rispose loro: «Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l'abbiano deposto». Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Gesù le disse: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?» Ella, pensando che fosse l'ortolano, gli disse: «Signore, se tu l'hai portato via, dimmi dove l'hai deposto, e io lo prenderò». Gesù le disse: «Maria!» Ella, voltatasi, gli disse in ebraico: «Rabbunì!» che vuol dire: «Maestro!» Gesù le disse: «Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli, e di' loro: "Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro"». Maria Maddalena andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che egli le aveva detto queste cose.

Sermone

Fratelli e sorelle, Cristo è risorto! Cristo è veramente risorto. Cosa significa per noi oggi tutto questo?

Maria Maddalena va al sepolcro, ma trova la tomba vuota? Non trova il corpo senza vita di Gesù sul quale piangere ed elaborare il suo lutto. Non c’è più il corpo per il quale convincersi a rassegnarsi alla morte, alla separazione, alla rottura dei legami, al crollo delle speranze; ed è smarrimento, senso di vuoto, di disorientamento; vi è ancora più tristezza e confusione dopo quella visione angosciante della crocifissione del suo maestro Gesù.

Eppure Maria Maddalena doveva convincersene: l’aveva visto inchiodato su quella croce il suo maestro, l’aveva visto morire, e che cosa vi può essere di più definitivo della morte?

Ora sembra perfino inaudito il fatto che lasciare spazio alla rassegnazione possa essere così difficile.

Maria di Magdala, torna sul luogo della morte perché là può prendere coscienza del proprio dolore e della propria rassegnazione. Ma ciò non può avvenire, perché non c’è più l’oggetto della rassegnazione e del dolore: “Hanno tolto il mio Signore e non so dove l’abbiano deposto”.

 

Maria voleva toccare il corpo morto di Gesù, voleva imbalsamare il ricordo che aveva di lui, voleva ungere il corpo e darsi pace, rassegnarsi all’idea che veramente tutto era finito e che la crocifissione era stata una realtà vera.

Ma Pasqua ci indica che non è possibile imbalsamare o conservare le speranze. Pasqua è una esperienza nuova, l’esperienza di poter vivere in modo sempre nuovo tutta la vita.

Proprio là dove noi non riusciamo a vedere che distruzione e morte, violenza e brutalità, là si leva la luce della vita.

L’esperienza della tomba è una possibilità nuova: ci permette di prendere una nuova direzione che non conduce più al sepolcro e alla rassegnazione, ma su una strada dove possiamo seguire le orme di una speranza che non può essere distrutta.

     Maria di Magdala piange e Gesù le domanda: «Perché piangi?».

È la domanda che Gesù rivolge a noi quando non sappiamo vedere fino in fondo, non sappiamo guardare oltre il nostro piccolo orizzonte, quando non riusciamo a vedere la vita nuova che egli ci offre, la speranza che ci permette di uscire dal dolore.

«Perché piangi?» è la domanda che il Signore ci rivolge quando non abbiamo capito Pasqua.

«Perché piangi?» è la domanda che il Signore rivolge a noi quando siamo smarriti, quando ci perdiamo nel nostro dolore, quando non riusciamo più a ritrovare noi stessi, quando siamo superati dalla nostra pochezza, dall’aridità della nostra anima, quando le nostre incapacità di capire, di ascoltare e di vedere, diventano per noi delle montagne insormontabili, e ci arrendiamo.

Maria di Magdala è l’immagine di quel dolore profondo di quelle persone che hanno vissuto da vicino la morte, essa crea un vuoto incolmabile nella nostra anima e nel nostro cuore. Quella persona amata non c’è più, e ora neppure il suo corpo. La morte ha tolto tutto, ha cancellato anche il corpo.

Fratelli e sorelle, la Pasqua ha a che fare con tutto questo, ha a che fare con la morte vera, con quel vuoto invisibile, ma incolmabile.

Allora Maria rispose: «Perché hanno tolto il mio Signore e non so dove l’abbiamo posto».

Maria ha cercato inutilmente le tracce di Gesù nella tomba, e così facciamo anche noi: cerchiamo invano le tracce del Signore nel nostro mondo sconvolto, nelle città sfigurate, nei volti di coloro che sono costretti ad andarsene dalla propria terra, nel volto dei disperati che approdano sulle nostre coste, nelle donne e nei bambini a cui è fatta violenza. Dovunque sembra che il Signore sia assente, sia morto e non ci sia più traccia di lui.

Ma Gesù è presente perché è risuscitato! A noi, però, resta l’incapacità di riconoscerlo perché lo crediamo morto, e lo cerchiamo, ma non lo troviamo, perché lo cerchiamo nella tomba.

Maria non riesce a vedere il suo Maestro risorto, perché è rimasta al di qua della risurrezione, al di qua della vita, mescolata alla morte, all’interno del cimitero, dove tutt’al più può incontrare un addetto ai lavori, un giardiniere.

Ma il Maestro ci rivolge la sua parola e solo allora è possibile riconoscerlo. Solo quando Gesù parla e le dice: “Maria!”, tutto cambia, perché tutto è in quella parola, ed è la rivelazione! Maria si sente interpellata, chiamata a guardare al di là delle apparenze, al di là delle sue lacrime e vede la vita al di là della morte.

Dunque, Gesù è vivo e rivolge la sua Parola a Maria. Infatti il Signore è vivente nel mondo in una Parola, nella sua Parola. Gesù chiama Maria per nome e Maria comprende, Maria esce dal suo turbamento e si rende conto, i suoi occhi sono aperti.

Così è per noi, la Parola di Gesù ci interpella, non è un invito generico rivolto al mondo, ma a ciascuno di noi, personalmente, è una parola che ci rivela l’amore con cui Gesù ci ama. Una amore che crea legami, forti, indissolubili, Gesù chiama ciascuno di noi per nome, nel nome di Maria vi è il nome di ciascuno di noi.

Fratello, sorella, ecco, Pasqua viene a togliere via ogni tua paura: la paura della morte, del dolore, della sofferenza, perché ti rivela che Dio non ti lascerà mai. Pasqua, la risurrezione di Gesù, riguarda ciascuno di noi e la nostra vita, il nostro vivere di tutti i giorni.

Maria l’ha capito, e ha risposto con un impeto di passione e gioia: “Rabbunì”, Maestro. Come dire: ma allora non te ne sei andato, allora non siamo destinati alla solitudine e alla rassegnazione, allora c’è speranza, perché ci lascerai mai più! “Rabbunì” è la risposta di chi ha compreso Pasqua.

Questa sia la nostra risposta alla domanda che il Signore ci rivolge: “Perché piangi?”. Rabbunì, fratelli e sorelle, sia questa anche la nostra espressione di meraviglia e di sorpresa nel riconoscere il Signore risorto che ci incontra nella sua Parola, ci chiama per nome e ci dà una speranza ed un futuro che noi non eravamo più riusciti a vedere. Buona Pasqua! Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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