Culto domenicale:
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Domenica, 25 Giugno 2017 18:28

Sermone di domenica 25 giugno 2017 (Marco 4,35-40)

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Testo della predicazione: Marco 4,35-40

«Divenne sera e Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all'altra riva». I discepoli, lasciarono la folla e portarono Gesù con la barca. A un certo punto, il vento si mise a soffiare con tale violenza che le onde si rovesciavano dentro la barca, e questa già si riempiva d’acqua. Gesù, intanto, dormiva su un guanciale a poppa. I discepoli lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, affondiamo! Non t'importa che noi moriamo?» Egli, si svegliò, sgridò il vento e disse al mare: «Taci, càlmati!» Allora, il vento cessò e ci fu una grande calma. Poi Gesù disse ai suoi discepoli: «Perché avete tanta paura? Non avete ancora fede?»

Sermone

Care sorelle e cari fratelli, l’evangelista Marco ci invita a riflettere sulle nostre paure. Inizia questo brano in cui Gesù calma la tempesta, con le parole: «Divenne sera», è la fine della giornata, quando si fa buio, quando siamo stanchi. La sera avverte che la notte sta per arrivare, e la notte rivela tutta la nostra fragilità: l’incapacità di affrontare ciò che non vediamo, la notte rivela la nostra impotenza, le nostre paure e le nostre angosce.

E proprio quando la notte si annuncia, Gesù dice ai discepoli «Passiamo all’altra riva». Avrebbe potuto dire: «Troviamo un posto sicuro dove passare la notte». I discepoli devono affrontare la tempesta quando è già buio nella loro anima, nel momento più alto della loro vulnerabilità, come a volte accade anche a noi.

Gesù chiede ai discepoli, e a noi oggi, di affrontare la notte, chiede di essere persone mature e consapevoli che possono diventare protagonisti della loro storia, del loro destino, piuttosto che subirlo. Gesù chiede cambiare direzione, di fare rotta verso altre mete piuttosto che rinchiudersi dentro le proprie sicurezze, di andare incontro a realtà sempre nuove e a persone nuove, o semplicemente di non costruire muri contro i cambiamenti della storia, ma di andare avanti con fiducia, anche quando destano grandi tempeste dentro di noi.

Un proverbio cinese dice: «Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento».

«Passiamo all’altra riva». Sì, i cambiamenti sono come delle tempeste, provocano turbamenti, paure; prendere altre direzioni, cambiare progetti, può sconvolgere la nostra vita, può ingarbugliare di più la nostra già complicata esistenza, può dissestare il fondamento su cui poggiano le nostre sicurezze.

«Passiamo verso l’altra riva»: significa andare incontro al nostro futuro, al nostro domani, a quello di tutti, delle nostre famiglie, della nostra società, della nostra chiesa, senza paura.

Ma le parole «Andiamo all’altra riva», non significano che è inevitabile andare incontro a un futuro ineluttabile o a un destino inesorabile, non significa che dobbiamo rassegnarci ai disastri, alla violenza, alla guerra e alle disgrazie, significa piuttosto che possiamo reagire, che possiamo non arrenderci e fare qualcosa: per qualcuno, per molti, per noi stessi, per il mondo.

Il poeta Kahlil Gibran scriveva: «La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia».

I discepoli hanno paura perché pensano a come sopravvivere alla tempesta: «Maestro, non t’importa che noi moriamo?».

Quante volte la domanda dei discepoli è anche la nostra: «Dio, non t’importa del nostro dolore, della nostra sofferenza, della nostra malattia, della nostra inquietudine? Non t’importa della fame e della povertà nel mondo, della miseria, della violenza e delle guerre per le quali molte persone muoiono o sono costrette a migrare in paesi ostili?».

Come i discepoli, anche noi gridiamo la nostra rabbia, per le ingiustizie che subiamo, noi o gli altri, e Gesù è la, che dorme, sul suo cuscino, a poppa.

Talvolta pensiamo che Dio dorma, che non gli importi di noi, del mondo; qualcuno lo ritiene responsabile delle nostre disgrazie. I più rassegnati si arrendono e dicono: «Sia fatta la volontà di Dio!».

È una dura prova quella di ogni barca che affonda, di notte, in mezzo alla tempesta: abbiamo paura, come i discepoli, ci sentiamo soli perché nessuno ascolta, nessuno risponde alla nostra domanda: «Non t’importa che moriamo?».

Ma le parole di Gesù «Passiamo all’altra riva» tornano a riecheggiare, come per ammonirci, anche quando è buio intorno a noi.

Gesù calma la tempesta e dice: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?». Come dire che la fede che ci dà, caccia via la paura. E noi non abbiamo risposte, restiamo muti, perché sì, le tempeste e la notte della vita ci disorientano e mettono in discussione le nostre opinioni e le nostre sicurezze, anche su Dio.

Ma Gesù non ci chiede di costruire delle sicurezze, Gesù ci chiede di accogliere quella fede che ci permette di credere che Dio viene ad incontrarci, perché nella fede ha luogo un incontro, quello con Dio.

Nella fede Dio ci permette di guardare oltre il nostro piccolo orizzonte, a volte non è facile perché possiamo vedere oltre solo accogliendo l’incertezza dei cambiamenti: cambiamenti di prospettiva, di interpretazione della realtà in cui viviamo, di teologia, della chiesa, di noi stessi, di Dio stesso.

Ma Colui che ci chiede di andare oltre noi stessi e ci dice: «Passiamo all’altra riva» è anche Colui che calma le nostre tempeste dicendo: «Taci, calmati».

Possiamo aver fiducia, dunque, e possiamo credere che davvero Dio venga ad incontrarci sempre, nella nostra notte, nella nostra barca, nella nostra tempesta, per farci danzare nella pioggia. Amen!

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Pastore Giuseppe Ficara

Consacrato nel 1992, ha svolto il suo ministero nelle chiese di Riesi, Caltanissetta, Agrigento, Trapani e Marsala, Palermo.
Pastore a Luserna San Giovanni da Agosto 2013.

 

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